Le proprietà della statistica di Bose e la descrizione di un caso fisico in cui gioca un ruolo importante

 

 

 

In meccanica quantistica gli stati delle particelle sono descritti da funzioni d'onda che danno solamente informazioni di tipo probabilistico sulla posizione delle particelle. A causa di ciò, se due particelle identiche hanno funzioni d'onda con supporti disgiunti all'istante t = 0 - cosa che rende possibile individuarle convenzionalmente come particella "1" e particella "2" - dopo un tempo Dt sufficientemente lungo i loro supporti vengono inevitabilmente a sovrapporsi, a causa dello sparpagliamento che subiscono i pacchetti d'onda nel corso dell'evoluzione temporale. Di conseguenza, se le particelle sono identiche - ovvero, se tutti i loro attributi intrinseci coincidono - non sarà possibile stabilire se una data osservazione, effettuata a t > Dt, si riferisce alla particella precedentemente identificata con "1" oppure alla particella identificata con "2".

Consideriamo allora un sistema fisico costituito da due particelle identiche non interagenti: se ne descriviamo lo stato con la funzione y(1,2), l'equazione di Schroedinger cui y soddisfa,

 

H y(1,2) = ih/2p ( dy(1,2) / dt ),

 

sarà separabile in due equazioni eguali per le funzioni d'onda f(1) e f(2) ottenute da y(1,2) per separazione delle variabili: y(1,2) = f(1) f(2). Se fa(1) e fb(2) sono due soluzioni delle rispettive equazioni, relative a due particolari stati quantici a e b, una qualsiasi loro combinazione lineare soddisferà l'equazione (1), ma poiché l'indistinguibilità delle due particelle implica che le quantità misurabili, come la densità y*y, non dipendano dall'eventuale scambio delle etichette fittizie "1" e "2" che abbiamo utilizzato per distinguerle, possiamo accettare come soluzioni le sole combinazioni lineari che possiedano un definito stato di simmetria per l'operazione di scambio. Queste risultano essere il tripletto simmetrico

y(1,2) = fa(1) fa(2)

y(1,2) = fb(1) fb(2) (1a)

y(1,2) = [ fa(1) fb(2) + fb(1)fa(2) ] / Ö2

 

e il singoletto antisimmetrico

 

y(1,2) = [ fa(1) fb(2) - fb(1)fa(2) ] / Ö2. (1b)

Se le due particelle sono descritte dallo stato di singoletto, non si potranno mai trovare nello stesso stato quantico: per a = b infatti la funzione d'onda y(1,2) risulta identicamente nulla. Ciò può essere esteso senza difficoltà a funzioni d'onda che descrivano N particelle identiche, dato che si può sempre costruire uno stato totalmente antisimmetrico utilizzando il determinante di Slater. Questo fatto ci spinge ad accettare come formulazione più generale del principio di esclusione di Pauli la seguente: i sistemi contenenti elettroni devono essere descritti da funzioni d'onda antisimmetriche per l'operazione di scambio. Ma il principio ha validità ancora più generale, poiché si applica a tutte le particelle di spin semiintero (fermioni). Per i sistemi di particelle a spin intero (chiamate bosoni), sono invece necessarie funzioni d'onda totalmente simmetriche rispetto allo scambio di ciascuna di esse: ci si convince subito di questo fatto se si immaginano le particelle a spin intero come composte da un numero pari di fermioni identici.

 

Se si esaminano le tre possibilità (1a) per le funzioni d'onda che descrivono lo stato simmetrico di due bosoni, ci si accorge che - a parità di condizioni energetiche - due terzi delle volte i due bosoni occuperanno lo stesso stato quantico, contro il 50% previsto per particelle classiche distinguibili. Nonostante la semplicità di questo esempio, il risultato è del tutto generale: l'occupazione multipla degli stati è favorita per le particelle a spin intero. L'indistinguibilità delle particelle quantistiche porta cioè a una modificazione sostanziale delle leggi statistiche che ne descrivono le probabilità di distribuzione fra gli stati possibili: in effetti, nella legge di distribuzione di Maxwell-Boltzmann per N particelle indipendenti in s livelli energetici,

 

P ( n1, n1, ..., ns ) =

N! / (n1!n2!...ns!) [exp (-b (n1E1+ n2E2 + ...))] / [Si=1,sexp (-bEi) ]N,

 

il termine combinatorio N!/(n1!n2!...ns!) deve la sua origine proprio all'aver assunto distinguibili le particelle. L'eliminazione di questo fattore è equivalente all'esistenza di una qualche forza attrattiva fra le particelle a spin intero, giacché la statistica di Boltzmann rappresenta la totale indipendenza delle particelle e la casualità delle loro disposizioni tra gli stati possibili.

 

Per ricavare la forma generale della distribuzione statistica che si applica ai bosoni, consideriamo ns di essi nel livello energetico s-esimo, composto da gs stati. Poiché siamo interessati solo alla distribuzione dei bosoni nei gs stati e non all'ordine con cui possono distribuirsi, il numero totale di arrangiamenti si ricava con facilità dallo studio del seguente schema:

 

 

Se i punti identificano le particelle, e i rettangoli gli stati di uno stesso livello energetico, si vede che il numero totale di arrangiamenti effettivamente distinti è pari al numero di possibili permutazioni di particelle e barriere fra i diversi stati: abbiamo cioè ns + gs - 1 oggetti, e il numero di arrangiamenti è

 

Ps = (ns + gs - 1)! / (ns! (gs - 1)!)

 

in quanto dobbiamo dividere per il numero di permutazioni fra particelle, ns!, che non modifica l'arrangiamento; analogamente per le gs - 1 barriere. Ps rappresenta il numero di modi in cui ns particelle possono essere distribuite nel livello s-esimo, composto da gs stati: allora per le N particelle il numero totale di arrangiamenti sarà dato dal prodotto di tutti i Ps, ovvero

 

W (n1, n1, ..., ns ) = Ps Ps .

 

Per trovare la distribuzione più probabile, eguagliamo a zero la derivata del logaritmo di W rispetto ai vari ns, tenendo conto dei due vincoli generali, costanza dell'energia totale e del numero totale di particelle

 

E = Ss Es ns

N = Ss ns

 

con l'introduzione di due parametri a e b. Scriviamo cioè

 

d(ln W) - a (Ss dns) - b (Ss Es dns) = 0

 

e poiché, usando l'approssimazione di Stirling dei fattoriali, si ha

 

d(ln W) = Ss (ln W / ns) dns = Ss [ ln ( ns + gs) - ln ns ] dns ,

 

eguagliando a zero tutti i coefficienti delle variazioni dns ricaviamo l'espressione cercata per i numeri medi di occupazione dei vari livelli energetici:

(2)

 

Questa distribuzione si differenzia da quella di Boltzmann, data da

 

ns = gs exp ( - a - b Es)

 

per la singolarità che può presentare per particolari valori dei parametri, dovuta alla presenza del fattore - 1 al denominatore. Le due forme diventano eguali nei limiti di alti valori della temperatura (kBb)-1, ma sono profondamente diverse a bassi valori di T: questo fatto porta a delle previsioni completamente diverse sul comportamento dei sistemi di bosoni in prossimità dello zero assoluto.

 

Fu per primo Albert Einstein, nel 1924, ad accorgersi che, a causa della forma funzionale (2) di ns, un gas di bosoni a temperature prossime a 0 avrebbe dato luogo a una condensazione del tutto sconosciuta alle normali fasi della materia: una grande frazione delle particelle si sarebbe trovata nello stato fondamentale del sistema, e gli effetti macroscopici di questa condensazione sarebbero stati visibili, in quanto se per un sistema macroscopico il numero quantico è zero, il principio di corrispondenza non è più applicabile, e il comportamento meccanico del sistema non è più descrivibile dalla meccanica classica.

 

Le previsioni di Einstein sembravano tuttavia impossibili da verificare in pratica, perché alla temperatura prevista per la condensazione nello stato fondamentale (circa 3 gradi Kelvin) nessuna sostanza conosciuta rimane allo stato gassoso. Fu London, nel 1938, a notare che molte proprietà dell'elio 4He liquido potevano essere spiegate trattandolo come un gas di Bose-Einstein. Questo elemento ha momento angolare totale nullo, ed è quindi descritto dalla statistica di Bose. Al di sotto dei 2.2° Kelvin (chiamato punto l a causa della forma della capacità termica in funzione della temperatura, che mostra una biforcazione), l'elio 4 liquido presenta dei comportamenti contraddittori: mostra di avere viscosità nulla, essendo in grado di penetrare attraverso i capillari più sottili, e sembra possedere conducibilità termica infinita; ma se si misura la viscosità con un pendolo a torsione si trova un valore finito, che non mostra discontinuità in corrispondenza del punto l. In effetti, questi comportamenti possono essere compresi se si rappresenta l'elio liquido al di sotto dei 2.2°K come due liquidi distinti, uno dei quali si comporta come un liquido normale, e l'altro come un superfluido. Il superfluido è la parte del liquido costituita dagli atomi che si trovano nello stato fondamentale: essendo in uno stato di impulso quasi perfettamente definito, il fluido non può essere localizzato spazialmente, e mostra quindi viscosità nulla. La differenza di energia tra stato fondamentale e il primo stato eccitato in questo liquido è piuttosto elevata, e il liquido non può quindi acquistare energia interna dall'attrito con le pareti del recipiente ove scorre.

 

Per mostrare come la statistica di Bose preveda i comportamenti ora descritti, partiamo dalla versione continua della distribuzione (2) (pratica usuale per i corpi macroscopici, per i quali la granularità dei livelli energetici può essere in prima approssimazione trascurata):

 

n(E) = g(E) / [exp (a + E/kBT) - 1]

 

Per trovare l'espressione della densità degli stati g(E) si usa la consueta procedura del conteggio degli stati in un cubo di lato a: essa fornisce, nel caso in cui si stiano descrivendo particelle non relativistiche (per le quali E = p2/2M dato che consideriamo nulle le loro interazioni), l'espressione

g(E) = [ 2p a3 (2M / h2)3/2] E1/2.

 

La relazione fra a e il numero totale di particelle del "gas" è allora

 

N = ò n(E) dE (3)

= A T3/2 G(3/2) f(a) (4)

 

ove A = 2pV (2MkB/h2)3/2, G è la funzione di Eulero ( G(3/2)= (p/4)1/2 ), e si è posto f(a) = Sp (e-pa/p3/2). Ma l'equazione (4) non può essere valida per valori di T arbitrariamente vicini allo zero assoluto: l'assunzione di una granularità infinitamente piccola per la densità degli stati dev'essere rivista. In effetti, se si pone E=0 per lo stato di minima energia, si vede che g(E) è nullo per lo stato fondamentale, cosa che non ha evidentemente alcun senso, ma che rimane inoffensiva finché non si considerano sistemi a temperature molto basse. Questa imprecisione va corretta ponendo g(E1)=1 e separando il termine n1 dall'integrale nell'espressione (3). Si trova così

 

N = n1 + ò n(E) dE = (ea - 1)-1 + (p/4)1/2 A T3/2 Sp (e-pa/p3/2), (5)

 

e si vede quindi che il significato fisico descritto dal parametro a è quello dell'inverso della molteplicità dello stato fondamentale: a = 1/n1. La temperatura alla quale il sistema comincia a condensare nello stato fondamentale si può ora ricavare trovando il punto al quale l'equazione (4) non può più essere soddisfatta:

 

Tc = { N / [(p/4)1/2 A f(0)]}2/3 ; (6)

 

utilizzando l'equazione (5) possiamo anche determinare la densità di occupazione dello stato fondamentale in funzione della temperatura al di sotto di Tc:

 

n1 = N { 1 - (T/Tc)3/2}.

 

Se si utilizza l'eq. (6) per trovare la temperatura alla quale l'elio 4 comincia a condensare nello stato fondamentale, si trova Tc= 3.1°K. La teoria funziona bene in prima approssimazione, ma non bisogna dimenticare che stiamo negligendo le interazioni fra gli atomi di elio, che non può che modificare i livelli energetici e la forma di g(E).

 

Il ruolo della statistica quantistica di Bose-Einstein nella spiegazione del comportamento dell'elio 4 a temperature prossime allo zero assoluto riceve una ulteriore conferma dall'analisi del comportamento dell'isotopo 3He, che si differenzia dall'elio 4 per avere un neutrone in meno nel nucleo. Il momento angolare totale dell'elio 3 e' semiintero, e infatti esso si comporta come un superfluido solamente a temperature di qualche millikelvin: a queste energie gli atomi di elio 3 si legano in coppie di momento angolare totale intero, per poter essere descritti da funzioni d'onda simmetriche e poter quindi condensare nello stato di minima energia interna.