Le proprietà della statistica di Fermi e la discussione
di un caso fisico in cui gioca un ruolo importante
In meccanica quantistica gli stati delle particelle sono descritti da funzioni d'onda che danno solamente informazioni di tipo probabilistico sulla posizione delle particelle. A causa di ciò, se due particelle identiche hanno funzioni d'onda con supporti disgiunti all'istante t = 0, cosa che le rende distinguibili e individuabili convenzionalmente come particella "1" e particella "2", dopo un tempo
Dt sufficientemente lungo i supporti vengono inevitabilmente a sovrapporsi, a causa dello sparpagliamento che subiscono i pacchetti d'onde nel corso della loro evoluzione temporale. Di conseguenza, se le particelle sono identiche - ovvero, se tutti i loro attributi intrinseci coincidono - non sarà possibile stabilire se una data osservazione, effettuata a t > Dt, si riferisce alla particella precedentemente identificata con "1" oppure alla particella identificata con "2".L'indistinguibilità, che è dunque un attributo intrinseco delle particelle quantistiche, ha una conseguenza diretta sulle soluzioni accettabili dell'equazione di Schroedinger: per la descrizione di un sistema composto da più particelle identiche, possiamo accettare come funzioni d'onda solo le combinazioni lineari degli stati di particella singola che posseggano un definito stato di simmetria rispetto all'operazione di scambio tra qualsiasi coppia di particelle. In particolare le particelle a spin semintero, chiamate fermioni, devono essere descritte da funzioni d'onda totalmente antisimmetriche: questo principio non è altro che una generalizzazione del principio di esclusione, enunciato da Wolfgang Pauli nel 1925 per spiegare la struttura degli orbitali elettronici e la periodicità dei potenziali di ionizzazione in funzione del numero atomico.
La legge di distribuzione di Fermi-Dirac è una diretta conseguenza del principio di Pauli, in quanto si ottiene dalla legge di distribuzione di Boltzmann modificandola per tener conto dell'indistinguibilità dei fermioni e dell'antisimmetria delle loro funzioni d'onda. Il modo più semplice per ottenerla consiste nell'applicare il principio del bilancio dettagliato a un sistema di fermioni in equilibrio termico. Secondo il principio del bilancio dettagliato, all'equilibrio le densità media di occupazione di ogni stato in un sistema di particelle è una costante, perché le transizioni dallo stato 1 allo stato 2 sono in numero eguale a quelle dallo stato 2 allo stato 1:
n
1 R12 = n2 R21.
Dalle leggi della secondo la statistica classica, conosciamo il rapporto fra n
1 e n2, e dunque anche
R
12 / R21 = exp ( - E2 / kBT ) / exp ( - E1 / kBT ). (1)
Consideriamo allora un sistema di fermioni in equilibrio termico a temperatura T: il principio del bilancio dettagliato può essere applicato ugualmente (e questa volta le densità di occupazione saranno sempre minori di 1):
n
1 Rf12 = n2 Rf21,
solo che ai fermioni il principio di esclusione impedisce le transizioni se lo stato finale è già occupato: questo si può esprimere scrivendo la seguente relazione fra le frequenze di transizione R
f e R::
R
f12 = ( 1 - n2 ) R12 ,R
f21 = ( 1 - n1 ) R21 .
Troviamo allora, raggruppando i termini secondo la loro dipendenza funzionale e utilizzando la (1):
exp (
- E1 / kBT ) n1 / ( 1 - n1 ) = exp ( - E1 / kBT ) n2 / ( 1 - n2 ).
Entrambi i membri dipendono unicamente dalla temperatura, per cui, ponendoli eguali ad exp (
-m / kBT ), otteniamo la legge di distribuzione di Fermi-Dirac:
n = 1 / ( exp ( ( E
- m ) / kBT ) + 1 ). (2)
La quantità
m è chiamata potenziale chimico, ed è descrivibile come l'energia alla quale la probabilità di occupazione è 1/2. Il suo valore per T = 0 è definita come l'energia di Fermi:
E
F = lim T®0 m .
Per i metalli conduttori, mu rimane vicinissimo al valore che assume per T = 0 per tutte le temperature di interesse pratico, dato che si discosta sensibilmente da E
F solo attorno ai 10000 gradi: quando T è di quell'ordine di grandezza, gli elettroni si comportano come un gas di Boltzmann, come è ovvio aspettarsi, dato che la distribuzione di Fermi diventa una semplice esponenziale decrescente quando kBT >> m.
Fu per primo Sommerfeld a comprendere come il principio di Pauli implicasse la necessità di rivedere le leggi statistiche per il comportamento degli stati di un gas di elettroni liberi, al quale si può approssimare il comportamento degli elettroni di conduzione nei metalli. Per gli elettroni nei conduttori, la teoria di Drude sulla conduttività forniva previsioni sensate con l'uso della distribuzione di Maxwell-Boltzmann (uno dei tanti casi sfortunati di accordo accidentale tra teoria e esperimento: e, del resto, anche Sommerfeld ne era stato vittima con la sua teoria delle orbite ellittiche!), ma l'applicazione delle stesse leggi statistiche alla determinazione delle proprietà termiche degli elettroni forniva un contributo pari a 3/2 R per mole al calore specifico dei conduttori monovalenti: il risultato è diretta conseguenza del teorema dell'equipartizione dell'energia, secondo il quale ad ogni grado di libertà del sistema che abbia nell'Hamiltoniana dipendenza quadratica dalle coordinate normali corrisponde un contributo pari a kT/2 all'energia interna; per una mole di particelle con tre gradi di libertà traslazionali si trova proprio il risultato già citato. Ma esso non trovava conferma sperimentale: il contributo degli elettroni al calore specifico risultava, a temperatura ambiente, di due ordini di grandezza inferiore al valore previsto classicamente.
Per calcolare con buona approssimazione il calore specifico degli elettroni nei conduttori possiamo considerare gli elettroni un gas di particelle indistinguibili non interagenti. La loro energia cinetica è allora esprimibile come
E = h
2 k2 / ( 4 p m ),
e la densità di energia u = U / V può scriversi
u =
ò ( h2 k2 / ( 4 p m ) ) f ( E ( k ) ) ( d3k / ( 2 p2 ) )
ove f è data dall'espressione (2). La densità di particelle è data invece da
n = N / V =
ò f ( E ( k ) ) d3k / ( 2 p2 ) .
Passando a coordinate sferiche, e sostituendo a k la sua espressione in funzione di E, si trovano per queste due quantità le seguenti espressioni:
u =
ò E f ( E ( k ) ) k2 dk / p2 = ò E g (E) f (E) dEn =
ò g (E) f (E) dE
ove abbiamo introdotto la densità degli stati
g (E) = 4 m / h
2 ( 8 p m E / h2 ).
Per calcolare gli integrali contenenti f (E) si può utilizzare l'espansione di Sommerfeld,
ò H (E) f (E) dE = òm H (E) dE + ( p2 / 6 ) (kBT)2 H ' (m) + O (T4)
e trascurare i termini O(T
4), che giocano un ruolo sensibile solo a temperature molto elevate. Troviamo allora
u =
òm E g (E) dE + ( p2 / 6 ) (kBT)2 ( g (m) + m g ' (m) ) + O (T4),n =
òm g (E) dE + ( p2 / 6 ) (kBT)2 g ' (m) + O (T4).
m
differisce dall'energia di Fermi EF per termini O(T2), come sarà chiaro fra poco. A causa di ciò, possiamo scrivere, sempre all'ordine T2:
òm g (E) dE = òEf g (E) dE + ( m - EF ) g ' (EF)
da cui
n =
òEf g (E) dE + { ( m - EF ) g (EF) + ( p2 / 6 ) (kBT)2 g ' (EF) }.
Ma noi vogliamo che n non dipenda da T, perché stiamo calcolando il calore specifico a densità costante. Quindi l'espressione fra parentesi è nulla, il che ci mostra che in effetti
m differisce da EF per termini O(T2):
(
m - EF ) = ( p2 / 6 ) (kBT)2 g ' (EF) / g (EF ).
Per la densità di energia potremo allora scrivere
u =
òEf E g (E) dE + EF ( m - EF ) g (EF) ++ (
p2 / 6 ) (kBT)2 ( g (EF) + EF g ' (EF) ) ==
òEf E g (E) dE + ( p2 / 6 ) (kBT)2 g (EF) == u0 + (
p2 / 6 ) (kBT)2 g (EF),
e da ciò ricaviamo infine
C
v = ( p2 / 3 ) kB2 g (EF) T .
Questa dipendenza lineare dalla temperatura può essere comunque compresa senza difficoltà anche da un esame qualitativo della distribuzione di Fermi: infatti, se la temperatura non è troppo elevata (cosicché k
BT << EF ), il gas è fortemente degenere, e gli elettroni che contribuiscono al moto termico sono solo una piccola frazione degli elettroni di valenza: quelli che si trovano a energie entro qualche kBT da EF. Il loro numero è quindi proporzionale a kBT, e l'energia che essi possiedono rispetto al loro stato degenere (quello assunto a T = 0 ) è anch'essa proporzionale a kBT: ne segue la dipendenza quadratica dell'energia interna libera del gas da T, e quindi la dipendenza lineare di Cv.
Il calore specifico elettronico nei metalli si mantiene molto piccolo per le temperature di interesse pratico. Il suo contributo al calore specifico dei metalli si osserva in modo ottimale non a temperature alte, ma a temperature molto basse, dove il contributo delle vibrazioni del reticolo atomico è proporzionale al cubo della temperatura. E' divenuto allora convenzionale seguire l'esempio della scuola di Leiden, e graficare il rapporto C
v/T in funzione di T2 alle basse temperature, perché in questo modo si può leggere il valore della costante come intercetta sull'asse y della retta interpolante i punti sperimentali.Il modello ora visto funziona molto bene per i metalli alcalini, come sodio e potassio, ma risulta impreciso per i metalli nobili, e fornisce previsioni errate anche per più di un ordine di grandezza rispetto ai valori osservati per i metalli di transizione, come ferro e manganese, ma anche per antimonio e bismuto, per i quali il valore osservato è inferiore di un paragonabile fattore. Per ottenere un miglior accordo con i valori misurati è necessaria una teoria che tenga conto delle interazioni mutue degli elettroni e quelle con il reticolo cristallino.