Il principio di esclusione di Pauli e le sue conseguenze

 

 

Attorno al 1920 la quantità di dati sperimentali ottenuta dal lavoro degli spettroscopisti aveva raggiunto dimensioni cospicue, e tuttavia rimanevano ancora insolute anche le domande più fondamentali sulla struttura degli atomi e sul comportamento dei loro elettroni. Non si riusciva a spiegare, ad esempio, la struttura periodica dei potenziali di ionizzazione in funzione del numero atomico, o - ancor peggio - non si riusciva a capire per quale motivo gli elettroni negli atomi non eccitati non si distribuissero tutti nel livello di minima energia.

Fu Wolfgang Pauli, nel 1925, a trovare una spiegazione fondamentale per questi effetti. Egli postulò che in un atomo con più elettroni non vi potesse essere che un singolo elettrone in ogni stato quantico: assegnando a ciascun elettrone nell'atomo quattro numeri quantici, si poteva così spiegare la loro distribuzione per tutte le specie atomiche note. Lo strato più interno, denominato 1s2, contiene ad esempio due elettroni, e non più di due, perché ciascuno di essi ha lo stesso valore per i numeri quantici n,l,m, e possiede un quarto numero quantico s che può assumere solo due valori. Ulteriori elettroni non possono esservi ospitati, e devono quindi prendere posto nei livelli superiori, nonostante questi abbiano energia maggiore.

Il principio di Pauli può essere enunciato in una seconda forma, più stringente, se si introduce il concetto di simmetria di scambio. Mi concederò a questo scopo una breve digressione.

In meccanica quantistica gli stati delle particelle sono descritti da funzioni d'onda che danno solamente informazioni di tipo probabilistico sulla posizione delle particelle. A causa di ciò, se due particelle identiche hanno funzioni d'onda con supporti disgiunti all'istante t = 0, rendendo possibile individuarle convenzionalmente come particella "1" e particella "2", dopo un tempo Dt sufficientemente lungo i supporti vengono inevitabilmente a sovrapporsi, a causa dello sparpagliamento che subiscono i pacchetti d'onde nel corso della loro evoluzione temporale. Di conseguenza, se le particelle sono identiche - ovvero, se tutti i loro attributi intrinseci coincidono - non sarà possibile stabilire se una data osservazione, effettuata a t > Dt, si riferisce alla particella precedentemente identificata con "1" oppure alla particella identificata con "2".

Consideriamo allora un sistema fisico costituito da due particelle identiche non interagenti: se ne descriviamo lo stato con la funzione y(1,2), l'equazione di Schroedinger cui y soddisfa,

 

H y(1,2) = ih/2p ( dy(1,2) / dt ),

 

sarà separabile in due equazioni eguali per le funzioni d'onda f(1) e f(2) ottenute da y(1,2) per separazione delle variabili: y(1,2) = f(1) f(2). Se fa(1) e fb(2) sono due soluzioni delle rispettive equazioni, relative a due particolari stati quantici a e b, una qualsiasi loro combinazione lineare soddisferà l'equazione (1), ma poiché l'indistinguibilità delle due particelle implica che le quantità misurabili, come la densità y*y, non dipendano dall'eventuale scambio delle etichette fittizie "1" e "2" che abbiamo utilizzato per distinguerle, possiamo accettare come soluzioni le sole combinazioni lineari che possiedano un definito stato di simmetria per l'operazione di scambio. Queste risultano essere il tripletto simmetrico

y(1,2) = fa(1) fa(2)

y(1,2) = fb(1) fb(2) (1a)

y(1,2) = [ fa(1) fb(2) + fb(1)fa(2) ] / Ö2

 

e il singoletto antisimmetrico

 

y(1,2) = [ fa(1) fb(2) - fb(1)fa(2) ] / Ö2. (1b)

Se le due particelle sono descritte dallo stato di singoletto, non si potranno mai trovare nello stesso stato quantico: se a = b infatti la funzione d'onda y(1,2) risulta identicamente nulla. Ciò può essere esteso senza difficoltà a funzioni d'onda che descrivano N particelle identiche, dato che si può sempre costruire uno stato totalmente antisimmetrico utilizzando il determinante di Slater. Questo fatto ci spinge ad accettare come formulazione più generale del principio di esclusione di Pauli la seguente: i sistemi contenenti elettroni devono essere descritti da funzioni d'onda antisimmetriche per l'operazione di scambio. E in realtà, il principio ha validità ancora più generale, poiché si applica a tutte le particelle di spin semiintero, ovvero a tutti i fermioni. Per i sistemi di particelle a spin intero (bosoni), sono invece necessarie funzioni d'onda totalmente simmetriche per lo scambio di ciascuna di esse.

Una accurata indagine delle conseguenze di quest'ultima versione del principio di Pauli ci porterebbe troppo lontano dagli scopi di questa breve esposizione. Voglio invece utilizzare lo spazio che resta per trattare alcuni esempi che diano un'idea dell'importanza fondamentale che il principio di esclusione riveste in quasi ogni campo della fisica moderna.

 

La conseguenza più diretta ed evidente dell'impossibilità di occupare lo stesso stato quantico per due elettroni è sotto i nostri occhi tutti i giorni. Senza principio di esclusione, gli atomi di tutti gli elementi avrebbero uno stato fondamentale con tutti gli elettroni nell'orbitale più interno, e si comporterebbero come gas nobili, inerti e non interagenti. Non vi sarebbero molecole, e il mondo fisico sarebbe completamente diverso! Vale la pena di analizzare più in dettaglio l'effetto del principio di Pauli sugli stati a due elettroni. Un sistema di due elettroni può avere spin totale S = 1 oppure S = 0: corrispondentemente la parte di spin della funzione d'onda sarà descritta da una delle eq. (1a) o dall'eq. (1b). Supponiamo allora, per fare un esempio, che i due elettroni si trovino in uno stato 4s4s: per essi i numeri quantici n = 4, l = 0, ml = 0 saranno eguali. I due elettroni non potranno allora avere egual valore anche per il numero quantico di spin ms, e la combinazione di tripletto è dunque proibita: lo stato sarà simmetrico nella parte spaziale, e antisimmetrico nella parte di spin. In notazione spettroscopica, 4s4s1S risulta permesso, mentre 4s4s3S è proibito. Si capisce quindi come l'applicazione del principio di Pauli permetta di spiegare in dettaglio, e con semplicità, i livelli quantici degli atomi a più elettroni.

 

L'effetto termoionico è un altro interessante banco di prova del principio di Pauli, attraverso le previsioni che esso fornisce per le leggi statistiche che governano il comportamento degli elettroni. A una temperatura superiore a 0° K, nei metalli vi sono sempre elettroni con energia cinetica sufficiente a colmare il disavanzo dato dal lavoro di estrazione, cosicché si nota una emissione di elettroni dalla superficie. La distribuzione energetica di questi elettroni fu misurata essere del tipo exp(-E/kT), ovvero una distribuzione di Boltzmann. Ma, se si ragiona sui livelli energetici del gas di elettroni nel metallo utilizzando il principio di Pauli, ci si convince che, se la temperatura non è troppo elevata, la loro distribuzione energetica dovrebbe essere invece quella prevista da Fermi e Dirac, ovvero della forma (exp((E-Ef)/kT) + 1 )-1, ove Ef è definita come l'energia massima degli elettroni quando T = 0. Ma, per energie molto superiori a Ef, le due distribuzioni sono eguali; cosa che può essere anche compresa ragionando sul fatto che gli elettroni, possedendo impulso elevato, sono sufficientemente localizzabili nello spazio da risultare distinguibili, e possono quindi essere descritti dalla statistica classica di Boltzmann.

In aggiunta alla misura della distribuzione energetica degli elettroni che sfuggono al metallo, si può misurarne il numero - o, equivalentemente, la corrente che giunge a un elettrodo vicino. Qui la statistica classica fornisce la previsione che IClass. = cost T1/2 exp (-W/kT), mentre la statistica di Fermi-Dirac (diretta conseguenza - è bene ricordarlo - dell'indistinguibilità delle particelle identiche e del principio di esclusione) fornisce una dipendenza del tipo IQuant. = cost T2 exp (-W/kT), equazione che prende il nome di Richardson-Dushman. La conferma sperimentale di queste previsioni quantitative per la corrente termoionica fu uno dei primi successi della teoria di Pauli-Fermi-Dirac.

 

L'ultimo esempio delle conseguenze quasi interdisciplinare del principio di Pauli lo prenderò a prestito dalla storia recente della fisica delle particelle elementari. La moltitudine di stati adronici scoperti a partire dagli anni '50 nelle collisioni prodotte dagli acceleratori di particelle ricevette una spiegazione di grande bellezza e genialità nel 1964, quando Murray Gell-Mann propose di classificare gli adroni secondo il loro isospin e la loro ipercarica in multipletti del gruppo di simmetria SU(3)f. Nacque allora il modello a quark statico degli adroni: mesoni e barioni furono pensati come combinazione di coppie o terne di tre costituenti elementari, detti quarks, rappresentazioni irriducibili del gruppo di simmetria, aventi carica elettrica frazionaria pari a +2/3 o -1/3, spin 1/2 e numero barionico 1/3. Assieme alle loro antiparticelle, i tre quarks - denominati u, d, s - potevano spiegare in maniera elegante la molteplicità di stati adronici, il loro spin, e la loro massa (sebbene con approssimazione a volte scadente). Ma questo modello sembrava violare il principio di esclusione di Pauli, giacché gli stati adronici erano composti da fermioni identici che sembravano avere lo stesso stato quantico: ad esempio, uno dei multipletti fondamentali di SU(3)f, il decupletto della decomposizione 3x3x3 = 10+8+8+1, comprendeva la particella D++, che era descritta come composta da tre identici quarks (uuu) nello stato fondamentale. La correttezza del modello a quarks statico dipendeva quindi, volendo credere all'applicabilità del principio di Pauli ai quarks, dall'esistenza di un nuovo numero quantico che fosse in grado di distinguere i tre quarks u della D++ (e quarks identici in molti altri stati adronici). Questo numero quantico fu chiamato colore, e fu pensato appartenere a un gruppo di simmetria SU(3)c analogo a quello che descriveva i quarks.

Sappiamo come è finita questa storia: il numero quantico di colore è entrato per la porta principale nella fisica delle particelle elementari, la teoria che ne descrive le proprietà e le implicazioni (la cromodinamica quantistica) continua a ricevere conferma dagli esperimenti di alta energia agli acceleratori di particelle, e il principio di Pauli, enunciato settant'anni fa da un grande genio del nostro secolo, può archiviare il successo ottenuto nel permettere la previsione, a partire dal comportamento di particelle assolutamente ignote nel 1925 - i quarks-, l'esistenza di una nuova branca della fisica - la QCD-, in un ramo - la fisica delle particelle elementari - che nel 1925 era ancora nelle mani degli dei.