![]() 11 Luglio 1999 |
- FABRIZIO VIELMINI * -
É
Dal punto di vista greco in particolare le ragioni alla base
dell'intesa appaiono perfettamente logiche. In seguito
all'aggressione euro-anglo-americana, Atene si ritrova confinante
con una Grande Albania che la Turchia sta strutturando in modo
che diventi il braccio settentrionale di una tenaglia pronta a
chiudersi sui greci - la Turchia partecipa all'ammodernamento
della base navale di Pasaliman, ufficiali turchi insegnano
all'Accademia navale di Valona, incursori dei reparti d'élite di
Ankara addestrano la Guardia Repubblicana albanese, mentre il
gen. D. Bak, Alto responsabile della logistica turca, ha
dichiarato il 18 giugno in un incontro con lo Stato maggiore
albanese che che la coperazione militare con Tirana resta fra le
priorità di Ankara (per citare i soli fatti divenuti di dominio
pubblico).
Già all'alba della dissoluzione dell'Unione Sovietica, la nuova
posizione geopolitica dell'Armenia aveva attirato l'attenzione
della Grecia (un attaché militare di Atene è presente a Erevan
dal 1992, mentre dal 1996 un accordo di cooperazione militare
unisce i due paesi). Ogni intesa fra Iran e Grecia costituisce
musica per le orecchie dell'Armenia: il portato automatico di
tali intese è l'aumento del valore strategico di Erevan che,
oltre ad essere un elemento fondamentale della politica estera
russa, diviene lo snodo necessario dei contatti fra Iran ed
Europa. Per gli armeni è poi fondamentale premunirsi da che il
contenzioso con l'Azerbaijan - tappa fondamentale della "via
della seta" e beniamino di Washington ed Ankara - nel
Nagorno-Karabakh, sempre aperto e sanguinoso dall'inizio del
decennio, non venga utilizzata da turchi ed americani per qualche
bombardamento "umanitario" nel Caucaso.
Infine dal punto di vista di Tehran, l'accordo permette al paese
di ammorbidire il proprio isolamento internazionale e di
sporgersi in direzione di Bruxelles nella speranza che anche il
resto dell'Europa riveda la posizione nei suoi confronti.
É poi interessante notare come i tre paesi abbiano cercato di
rendere partecipe della loro intesa anche la Georgia. Tuttavia,
l'oligarchia di Shevarnadze è per il momento fermamente
intenzionata a trasformare il paese in un vassallo di Washington
attraverso il cosidetto blocco regionale del "GUUAM" - acronimo
delle iniziali dei suoi partecipanti Ukraina, Uzbekistan,
Azerbaijan e Moldavia.
Oltre che una sfida diretta all'arroganza della Nato, l'intesa
fra Armenia, Iran e Grecia riflette la presa di coscienza dei tre
stati, tradizionali alleati dei russi, delle conseguenze
derivanti dal sucesso di tali manovre. Tali rialinneamenti non
hanno per niente l'aria di poter passare in modo indolore ed è su
questo piano che dobbiamo misurare gli effetti della nuova
strategia americana in Eurpaa, altrettanto perniciosi ed
interconnessi al vaso di Pandora delle rivendicazioni etniche
susseguite alla secessione de facto del Kosovo. Completamente
sfalsata dal tiro incrociato delle lobbies, la politica Usa crea
una serie di distorsioni che retroagiscono sui propri progetti.
Innanzi a ciò i primi a mobilitarsi sono i grandi stati
multietnici quali l'Iran - senza dimenticare Cina, India e Russia
- sempre più minacciati dal nuovo scenario di proliferazione dei
micronazionalismi e degli estremismi religiosi. Ne risultano
queste nuove ed ardite alleanze che, al di là della forte
eterogeneità, cercano disperatamente di stabilizzare il quadro
regionale.: Grecia ed Armenia comprendono perfettamente che la
politica estera iraniana ha da tempo saltato il fosso
dell'attivismo islamista per posizionarsi su una visione
pragmatica e razionale, attenta agli interessi nazionali.
A margine della "nuova via della Seta" converrebbe infine
interrogarsi su quali vantaggi l'Europa dei mercanti, sempre più
incapace di vedere ciò che la distrugge, pensi di ricavare
dall'affidare l'approvvigionamento delle prprie risorse ad una
nebulosa di stati para-fascisti, mafie etniche e
narcotrafficanti, oltretutto totalmente antieconomico in virtù
del percorso tortuoso inframmezzato. Se tutto ciò può essere
considerato normale da parte di una nazione che ha costruito la
propria posizione mondiale sulle aggressioni ed il gangsterismo,
dovrebbe al contrario provocare qualche reazione più consistente
in un'Europa sempre più "discarica" di questo degrado criminale.
* Esperto di Asia centrale dell'Observatoire Géopolitique des
drogues, Dottorato di ricerca presso l'EHESS (Centro di storia
del mondo turco), di Parigi. Collaboratore di "NarcoMafie" e
"LiMes".
Il narco-stato Albania
La scacchiera eurasiatica